Ottica oftalmica e fisiopatologia della refrazione
Alfredo Parrozzani
www.oculistanet.it

   
 CAPITOLO TERZO

1 – Fisiologia

 In questo paragrafo sono esposti alcuni meccanismi fisiologici oculari di base necessari per una comprensione corretta della refrazione, questi in modo diretto o indiretto influenzano il diottro oculare e quindi il risultato funzionale visivo.

1.1 – L’emmetropia

L'occhio emmetrope, o fisiologico, è l'occhio in cui l'immagine, formata dal diottro oculare, soddisfa le seguenti due condizioni:

1) è a fuoco sul piano retinico, quindi non necessita di alcuna correzione ottica per raggiungere l'acuità visiva considerata normale;

2) ad un oggetto puntiforme corrisponde l'immagine puntiforme.

Il fuoco sulla retina è ottenuto quando tutti i fattori influenzanti la refrazione hanno determinate caratteristiche, che combinate tra loro portano il fuoco sulla retina. Dei suddetti fattori, esposti nel capitolo precedente (curvatura dei mezzi diottrici, indici di rifrazione, lunghezza del bulbo) basta solo uno modificato leggermente, se non compensato dalla proporzionale variazione di un altro, che la condizione fisiologica di emmetropia non si verifica più.

Per esempio all'aumento dell'indice di rifrazione deve corrispondere una riduzione di lunghezza del bulbo o una riduzione di curvatura di uno dei diottri per mantenere l'emmetropia.

Quindi all'emmetropia non corrisponde una lunghezza fissa del bulbo, o un indice di rifrazione ideale, oppure una curvatura standard delle superfici, ma un perfetto equilibrio tra di essi in modo tale che il potere diottrico complessivo del diottro oculare permetta la messa a fuoco sulla retina.

Perché si abbia l'emmetropia è necessario non solo che il fuoco cada sulla retina ma che esso sia puntiforme, cioè ad un oggetto rappresentato da un punto corrisponda l'immagine di un punto. Perché avvenga ciò è necessario che la curvatura delle superfici dei diottri oculari sia uguale in tutte le direzioni, quindi è necessario che non si crei alcun diottro cilindrico a cui corrisponda una focalizzazione a conoide di Sturm e non puntiforme.

In altri termini la refrazione complessiva del diottro oculare deve corrispondere ad un diottro sferico e non cilindrico; quindi anche se in una superficie diottrica è presente una refrazione cilindrica, deve essere compensata da un'altra superficie cilindrica equivalente ed ortogonale di un altro diottro, in modo tale che la loro combinazione formi un diottro sferico.

Per esempio ad un astigmatismo corneale deve corrispondere un astigmatismo equivalente e ortogonale cristallinico per conservare l'emmetropia.

Se il fuoco cade al davanti o al di dietro della retina, o se il fuoco non è puntiforme, si verifica la condizione patologica di ametropia.

L'emmetropia non comporta necessariamente un'acuità visiva normale, possono intervenire situazioni patologiche organiche (delle vie ottiche, retiniche, vitreali, corneali), alterazioni della trasparenza dei mezzi rifrattivi, o anomalie di maturazione funzionale (come l'ambliopia), che non permettono ugualmente il raggiungimento dell'acuità visiva considerata normale anche in presenza di una refrazione emmetropica.

Con il passare degli anni l'occhio emmetrope può perdere la sua condizione fisiologica e presentare modificazioni, dovute all'evoluzione delle varie strutture del diottro oculare:

- variazione della curvatura corneale;

- aumento di dimensioni del bulbo;

- cambiamento dell'indice di rifrazione dei mezzi;

- riduzione della capacità accomodativa;

- riduzione della trasparenza dei mezzi refrattivi.

I periodi della vita in cui si possono avere i maggiori cambiamenti refrattivi sono:

- i primi anni (tra 0 e 10 anni);

- la pubertà (tra 12 e 14 anni);

- la fine della crescita ( tra 20 e 22 anni);

- l'età media (tra 40 e 50 anni);

- l'età senile (tra 60 e 70 anni).

Si può avere un'acuità visiva normale anche in presenza di una ametropia nel diottro oculare, anche se il fuoco non coincide con il piano retinico.

In alcune situazioni refrattive con ametropia viene conservata una normale funzionalità visiva, questo è dovuto ad alcune condizioni favorevoli:

- Ametropie miopiche e astigmatiche lievi (0,25-0,50 D) non determinano sfuocatura dell'immagine sufficiente a causare un defict visivo;

- Ametropie Ipermetropiche lievi e medio-lievi (anche fino a 2-3 D) sono compensate dall'accomodazione nei giovani, dopo i 40-50 anni comportano un deficit visivo per riduzione della capacità accomodativa;

- Ametropie astigmatiche miste possono permettere un buon visus per coincidenza del cerchio di minore confusione con il piano retinico.

1.2 – La trasparenza dei mezzi

Il vero rilevatore dell'energia luminosa è la retina, la luce prima di stimolare i recettori retinici deve passare attraverso alcuni mezzi trasparenti che determinano  un assorbimento.

Una piccola percentuale (3-4%) della luce è riflessa dalla cornea, un’altra parte della luce viene diffusa dallo stroma. La perdita totale di luminosità attraversando la cornea è di circa il 25% specialmente per le frequenze elevate. L'acqueo pùò essere considerato  completamente trasparente per la luce visibile.

Il cristallino presenta un colore giallognolo, che aumenta con l’età, quindi assorbe una parte della luce in maniera selettiva, questo assorbimento è tanto maggiore quanto maggiore è la frequenza.

L'assorbimento complessivo dei mezzi diottrici dell'occhio è di circa il 30% e varia con la lunghezza d’onda e con l’età.

1.3 – La pupilla

La pupilla è simile al foro dei diaframmi nei sistemi ottici; l'iride che forma questo diaframma per le sue caratteristiche di non essere attraversata dalla luce è in grado di regolare il diametro pupillare, in tal modo esercita le sue funzioni ottiche:

1) regolare la quantità di luce che entra nel diottro.

2) ridurre le aberrazioni ottiche (aberrazioni sferiche, astigmatismo da obliqua incidenza), e per la sua posizione all'interno del diottro agisce non solo sull'immagine reale ma anche su quella virtuale.

3) regolazione della profondità di fuoco (differenza tra il punto più  lontano e il punto più vicino, che siano visti a fuoco contemporaneamente).

Queste due funzioni ottiche dipendono strettamente dal diametro pupillare, che risulterà minore (miosi) quando aumenta la quantità di luce che arriva alla retina (riflesso fotomotore) e/o quando si verifica l'accomodazione

(riflesso accomodativo), maggiore (midriasi) quando si riduce luminosità dell'ambiente o quando viene rilasciata completamente l'accomodazione per mettere a fuoco un'immagine all'infinito. Variazioni del diametro pupillare

si possono verificare anche per motivi non ottici, legate a funzioni fisiologiche, a situazioni patologiche o per farmaci.

La variazione di diametro pupillare alla luce (riflesso fotomotore) è involontario; la variazione del diametro pupillare in conseguenza dell'accomodazione, pur essendo involontario il legame con l'accomodazione,

può essere comandata dalla volontà, perché questa regola l'accomodazione in base alle esigenze di focalizzazione e alla distanza dell'oggetto.

1.4 – L’accomodazione

L'accomodazione è la capacità del diottro oculare di modificare il suo potere per mettere a fuoco oggetti a distanze diverse, dall'infinito (punto remoto) al punto più vicino (punto prossimo).

La struttura che permette l'accomodazione è il cristallino, che è una lente in grado di modificare il suo potere diottrico, riducendo o aumentando il suo spessore per la contrazione o il rilassamento della zonula.

Questa contrazione e rilassamento della zonula sono dovute al muscolo ciliare, composto da tre tipi di fibre:

1) Fibre circolari (muscolo di Rouget-Müller), ad anello intorno al cristallino.

2) Fibre radiali;

3) Fibre meridionali.

Le prime contraendosi determinano la riduzione del diametro dell'anello muscolare e una riduzione della tensione delle fibre zonulari e sul cristallino con conseguente aumento dello spessore, principalmente a carico della faccia anteriore con assottigliamento dei bordi, e aumento del potere refrattivo.

Le seconde contraendosi determinano un aumento della tensione sulle fibre zonulari e sul cristallino con conseguente riduzione dello spessore e riduzione del potere refrattivo.

E' ignoto l'effetto delle fibre meridionali.

Le fibre anulari sono innervate dal parasimpatico, mentre quelle radiali dal simpatico. Dalla distribuzione dell'innervazione è possibile capire che l'accomodazione è un equilibrio tra i due sistemi autonomi.

Il riflesso accomodativo dipende dal seguente meccanismo: un riflesso retino-ciliare, in risposta a messaggi retinici non a fuoco, aumenta il potere diottrico del cristallino determinando la contrazione del muscolo

anulare. L'arco riflesso simpatico per la contrazione del muscoloe radiale non è ben noto. Sembra che la partenza del riflesso accomodativo sia scatenato dalla sfocatura delle immagini e dalla percezione dei cerchi di

diffusione.

Un'altra ipotesi sulla causa che scatena il riflesso accomodativo è quella dell'aberrazione cromatica:

- aberrazione cromatica con anello periferico blue determinerebbe un rilasciamento dell'accomodazione;

aberrazione cromatica con anello periferico rosso stimolerebbe l'accomodazione.

La capacità accomodativa si modifica con l'età: dalla nascita diminuisce progressivamente, riducendosi notevolmente negli anziani fino ad essere insufficiente per la visione da vicino.

1.5 – I meccanismi fotochimici della visione

Perché avvenga la percezione visiva è necessario che i raggi luminosi, dopo essere stati rifratti e messi a fuoco dal diottro oculare, stimolino una struttura sensibile: la retina.

La retina deve essere in grado di trasformare con sufficiente precisione le immagini, riprodotte su di essa dal sistema refrattivo, in informazioni elettriche, che poi vengono trasmesse alla corteccia cerebrale dalle vie ottiche.

La precisione di percezione delle immagini dipende non solo dalle caratteristiche refrattive del sistema diottrico, ma anche dalla distribuzione e dalla funzionalità delle cellule recettrici sensibili alla luce e dalla capacità di trasmissione dell'informazione da parte delle fibre delle vie ottiche.

Le cellule recettrici con l'epitelio pigmentato e i neuroni delle vie ottiche, attraverso reazioni fotochimiche, trasformano lo stimolo luminoso in stimolo elettro-chimico.

I fotorecettori sono di due tipi: coni e bastoncelli. I primi sono localizzati principalmente al centro della macula, man mano che ci si allontana da questa diminuisce la concentrazione dei coni ed aumenta quella dei bastoncelli.

 La struttura dei due tipi di recettori è molto simile, cambia solo la forma dell'articolo esterno, parte del fotorecettore sensibile alla luce presente nello strato più esterno della retina, che nei coni è a forma di tronco di cono e nei bastoncelli è a forma di cilindro.

La reazione chimica di trasformazione dell'impulso luminoso in stimolo elettro-chimico coinvolge due tipi di sostanze chimiche organiche, dette pigmenti visivi, la rodopsina e la jodopsina, presenti nell'articolo esterno dei recettori.

Lo stimolo nervoso prodotto dal fotorecettore, dopo essere stato amplificato attraverso sistemi eletro-chimici, viene trasmesso alle vie ottiche superiori e alla corteccia visiva occipitale (aree 17,18 e 19).

Poiché tali argomenti esulano dall'ottica fisiopatologica e dalla fisiopatologia della refrazione, per approfondire ulteriormente l'ultrastruttura dei fotorecettori, i meccanismi fotochimici e i sistemi di amplificazione del segnale, rimandiamo a testi specifici.

1.6 – L’acuità visiva 

L’acuità visiva è la capacità che ha l’occhio di riconoscere come separati due punti dello spazio, posti su uno stesso piano. Per misurare dell'acuità visiva viene usato il reciproco della distanza angolare che deve separare i due punti perché essi possano essere visti come separati, per cui con l’aumentare di questa distanza si riduce l'acuità visiva.

La distanza angolare è data dall’angolo formato da due rette immaginarie passanti ciascuna per uno dei due punti e convergenti nel centro della pupilla d'entrata dell'occhio, o per approssimazione il vertice delta cornea.

Perché sia possibile distinguere due punti è necessario che le immagini formate dai due punti o del bordo di due oggetti vengano messe a fuoco su fotorecettori separati da un altro fotorecettore eccitato differentemente e che lo stimolo trasmesso attraverso le vie ottiche resti indipendente da altri stimoli (Figura 3.1). Quindi teoricamente l'acuità visiva massima è il reciproco della grandezza angolare di un fotorecettore. Il massimo dell'acuità visiva è a livello della fovea, perché troviamo la massima concentrazione di fotorecettori e ogni fotorecettore si collega con una ganglionare mantenendo la sua identità anche a livelli superiori delle vie ottiche.

Esamineremo la differenza di acuità visiva tra punti più luminosi dello sfondo e punti meno luminosi dello sfondo:

la percezione di due punti più luminosi dello schermo è possibile se sono separati da una distanza angolare di almeno 40”, per luce monocromatica di 580-600 nm.

la percezione di due punti neri su uno schermo chiaro è possibile se sono separati da una distanza angolare di almeno 30”.

La percezione separata di mire più chiare o più scure dello sfondo dipende molto vari fattori:

-         forma della mira,

-         dimensioni della mira,

-         colore della mira,

-         luminosità della mira,

-         luminosità dello sfondo,

-         contrasto con lo sfondo,

-         adattamento dell’occhio alla luce,

-         numero di mire presentate.

Con il variare di questi fattori la distanza angolare minima delle mire può variare tra 30” e 3’.

Il riconoscimento della forma di una mira dipende dalle caratteristiche geometriche della stessa, il lato o il diametro deve essere circa 6 volte la larghezza di una mira lineare che è percepita in quelle condizioni di luminosità.

Per mire geometriche molto numerose è necessario tenere conto di variazioni individuali legate anche a problemi psicologici, che non vengono esposti in questo capitolo.

Per la variabilità dell’acuità visiva in base alla forma della mira, sono stati fatti numerosi tentativi da più Autori per realizzare le mire ideali necessarie per una corretta e precisa misurazione dell’acuità visiva. L’insieme di test, con mire di caratteristiche varie necessari alla suddetta misurazione, è detto OTTOTIPO (dal greco: optikós = visivo, ottico; -typos = matrice, modello), esposto nel capitolo della semeiotica.

L’acuità visiva è influenzata da numerosi fattori.

Fattori ottico-geometrici

La presenza di ametropie (vizi di refrazione), anche se corrette riduce l’acuità visiva  per riduzione del contrasto e variazione della grandezza dell’immagine. 

Diametro pupillare

Il diametro pupillare influenza notevolmente l’acuità visiva per i seguenti motivi:

-         modifica la quantità di luce che penetra nell’occhio;

-         regola la profondità di fuoco;

-          influenza l’entità della diffrazione della luce.

In condizioni di luminanza elevata l’acuità visiva aumenta con diametri pupillari maggiori fino a 6 mm poi si riduce, mentre a luminanze basse l’acuità visiva migliore si ha con pupilla di 3 mm. 

Contrasto e illuminazione di fondo

L’acuità visiva è legata al contrasto e all’illuminazione di fondo in modo diretto, per cui con l’aumento di questi fattori aumenta anche l’acuità, entro certi valori di luminanza. 

Adattamento dell’occhio

L’acuità visiva centrale dipende dai coni della fovea, per cui è massima in adattamento fotopico (condizione di massima efficienza dei coni) e minima in adattamento scotopico (condizioni di minima efficienza dei coni e massima dei bastoncelli). Per l’acuità visiva periferica avviene il contrario, sarà massima in condizioni scotopiche perché vengono stimolati solo i recettori periferici, rappresentati esclusivamente dai bastoncelli (massimo si sensibilità in condizioni scotopiche). 

Sede di stimolazione retinica

L’acuità visiva è direttamente proporzionale alla concentrazione dei recettori: se l’immagine retinica cade in una zona di retina con massima concentrazione dei fotorecettori si avrà anche l’acuità visiva massima, invece se stimola un’area con bassa concentrazione dei recettori, sarà bassa.  

Durata dello stimolo

Esposizioni della mira inferiori a 0,7 sec. sono direttamente proporzionali all’acuità visiva; per durate superiori resta costante. 

Età del soggetto

Nei primi anni di età la capacità visiva è inferiore alla norma per una incompleta maturazione del sistema visivo, in età senile si riduce per comparsa di opacità dei mezzi diottrici e di patologie. 

Presenza di opacità nei mezzi rifrangenti

l’eventuale presenza di opacità corneali, dell’acqueo, del cristalllino o del vitreo modificano direttamente le capacità rifrattive del diottro, riducono la quantità di luce che penetra nell’occhio ed agiscono come ostacolo fisico alla percezione dell’immagine. 

Presenza di patologie retiniche e delle vie ottiche

È evidente che la presenza di patologie retiniche e/o delle vie ottiche possa determinare una riduzione dell’acuità visiva: riduzione del numero dei recettori, presenza di aree di retina prive di recettori, presenza di ostacoli pre- e intraretinici (emorragie, essudati), deformazioni retiniche, alterazione e/o riduzione delle fibre di trasmissione dello stimolo, lesione delle aree corticali specifiche, alterazioni di sviluppo funzionali come l’ambliopia. 

Fattori psicologici

I fattori psicologici sono molto importanti nel determinare una buona acuità visiva; alcune situazioni possono ridurre la capacità visiva e alterare i metodi di rilevazione della stessa:

-         ridotta attenzione;

-         ridotta volontà del soggetto di riconoscere mire che presentano una certa difficoltà;

-         stato di depressione;

-         nevrosi d’ansia;

-         situazioni che spingono il paziente alla simulazione;

-         sfiducia nell’esaminatore;

-         condizioni che spingono il paziente ad ottenere una terapia dal sanitario;

-         concomitanza di patologie extraoculari che comportino uno stato di sofferenza.

Altre condizioni, spesso opposte alle precedenti, possono moderatamente incrementare l’acuità visiva. 

Fattori culturali

L’analfabetismo è certamente un grande ostacolo alla determinazione di un visus reale, per le difficoltà pratiche nell’uso degli ottotipi. Inoltre un soggetto con cultura ridotta spesso presenta anche una reale riduzione delle capacità visive, sia per il ridotto sviluppo di tutto l’apparato visivo, sia per le ridotte capacità centrali di elaborazione dell’immagine. 

1.7 – Profondità di fuoco

            L’immagine non a fuoco sulla retina è percepita sfuocata per la formazione dei cerchi di diffusione, questi aumentano con l’aumentare della distanza del fuoco dalla retina. È possibile riconoscere un oggetto anche se sfuocato, se i cerchi di diffusione non siano troppo grandi. Le dimensioni di questi cerchi dipendono dalla grandezza dell’oggetto, dalla distanza di osservazione e dal diametro della pupilla. A parità di dimensioni dell’oggetto e distanza, la grandezza dei cerchi di diffusione è direttamente proporzionale al diametro pupillare.

Senza modificare la distanza e le dimensioni dell’oggetto è possibile ottenere il riconoscimento di un oggetto riducendo il diametro pupillare. Anche le forti illuminazioni, che determinano un restringimento della pupilla, migliorano il visus con questo meccanismo.

Per lo stesso motivo gli ametropi stringono le palpebre, così realizzano un diaframma palpebrale più stretto, per vedete meglio.

La distanza che separa i due punti estremi, che limitano anteriormente e posteriormente la zona dello spazio in cui si può trovare un oggetto riconoscibile senza modificare il fuoco del diottro, si chiama PROFONDITA’ DI CAMPO. Questo valore può essere misurato centimetri. Trasformando la profondità di campo in diottrie si ottiene la PROFONDITA’ DI FUOCO:                                     

                 PF = 1/PC                                   PC = profondità di campo
                                                                            PF = profondità di fuoco 

Esempio: una profondità di campo di 25 cm (0,25 m)corrisponde ad una profondità di fuoco di: 

                 PF = 1/0,25 = 4 D 

Questo profondità di fuoco indica il valore in diottrie che il diottro oculare può non accomodare, conservando la capacità di riconoscere l’oggetto. Oggetti più grandi determinano una profondità di campo maggiore rispetto a quelli più piccoli.

L'importanza della profondità di fuoco si nota particolarmente nella visione da vicino, si verifica una miosi che si associa all'accomodazione e alla convergenza. L'occhio nella visione da vicino non è mai perfettamente a fuoco per la distanza a cui si trova l'oggetto da osservare, con la profondità di fuoco è possibile riconoscere ugualmente l’oggetto o leggere. Spesso è possibile una corretta visione da vicino anche con una carenza accomodativa di mezza diottria. 

1.8 – Il contrasto

 Il contrasto è la differenza di luminosità fra due oggetti vicini; il contrasto ci permette il riconoscimento di due oggetti quando l’immagine di uno è compresa dentro quella dell’altro.

La più piccola differenza di luminosità che permette il riconoscimento di una mira o un oggetto è detta soglia di contrasto. Il contrasto rientra nella psicofisica della sensazione visiva che verrà esposta nei prossimi capitoli. Sono state realizzate anche tavole per valutare la sensibilità al contrasto, più sensibili degli ottotipi, per la misurazione dell’acuità visiva, nel valutare le piccole variazioni di funzionalità della funzione visiva. 

1.9 – La visione binoculare 

La visione binoculare

Nell'esame della funzione visiva è necessario tenere presente che viene espletata attraverso due sistemi diottrici oculari e la percezione di due immagini attraverso i due occhi, questa visione viene detta binoculare.

La visione binoculare presenta molti vantaggi rispetto a quella monoculare:

-         campo visivo più ampio;

-         possibilità di fusione delle due immagini a livello centrale;

-         percezione della profondità (visione stereoscopica;

-         coordinazione dei muscoli estrinseci.

Affinché la visione binoculare presenti i suddetti vantaggi e non provochi diplopia (due immagini percepite separatamente) è necessario che abbia una fusione delle due immagini a livello corticale e che realizzi una VISIONE BINOCULARE SINGOLA.

In condizioni patologiche le due immagini vengono percepite correttamente ma non vengono fuse e percepite come immagine singola, questo si verifica nelle seguenti situazioni:

-         nello strabismo con soppressione, le due immagini vengono percepite normalmente dai due occhi, ma una viene soppressa a livello corticale, cioè non "considerata";

-         nello strabismo o nelle paralisi dei muscoli estrinseci, le due immagini vengono percepite normalmente dai due occhi e percepite entrambe in modo da provocare una diplopia.

Perché si verifichi una visione binoculare è necessaria una corretta localizzazione spaziale da parte della retina e quindi una corrispondenza trai punti delle retine dei due occhi.

L'acutezza visiva in binoculare è in genere maggiore, tuttavia in alcune situazioni patologiche della motilità oculare può risultare ridotta.

Si consiglia la consultazione di testi sullo strabismo per un maggiore approfondimento della visione binoculare. 

1.10 – La convergenza 

I movimenti di vergenza determinano l'allineamento degli occhi in modo da assicurare la visione binoculare; questi sono movimenti disgiunti degli occhi, cioè movimenti degli occhi in direzione opposta, o anche fusionali, cioè necessari per una fusione delle immagini.

I movimenti di vergenza orizzontali sono la divergenza, movimento degli occhi dall'interno verso l'esterno per mantenere la fissazione verso in punto remoto, e la convergenza per mantenere la fissazione e la visione binoculare verso il punto prossimo. Quest'ultimo movimento di vergenza è molto importante per lo studio delle refrazione in visione binoculare.

La convergenza provoca un'adduzione sincrona e simultanea dei due occhi, determinando una posizione convergente degli assi visivi. Se l'oggetto fissato è posto nel piano mediano si realizza una convergenza simmetrica, cioè si formano angoli uguali fra ciascun asse visivo e la linea

perpendicolarmente al centro di rotazione degli occhi. La convergenza  asimmetrica, con angoli diversi, si ha se il punto di fissazione si trova a destra o a sinistra del piano mediano.

 Il punto prossimo è il punto più vicino su cui gli occhi possono convergere; questo è a circa 10 cm ed è più vicino del punto prossimo di accomodazione e non si modifica con l'età. 

 L'angolo metrico è l'unità di misura della convergenza, esso è l'inverso della distanza di fissazione espressa in metri (Figura 3.2):

                                                                                 Am = angolo metrico
                                  Am = 1/d                                           d = distanza di fissazione 

L'angolo metrico è anche la quantità di convergenza necessaria:

se la distanza di fissazione è 1 m, è necessaria la convergenza di 1 D

se la distanza di fissazione è 2 m, è necessaria la convergenza di 1/2 D

 In genere esiste una correlazione tra l'unità di misura della convergenza e quella dell'accomodazione.

Anche se l'angolo metrico non varia tra individuo e individuo, la quantità reale di convergenza è indirettamente proporzionale alla distanza interoculare (dal punto di vista pratico è sufficiente usare la distanza interpupillare).

Comunemente viene usata la diottria prismatica per misurare le vergenze. Quindi l'angolo di convergenza simmetrica è dato da:

                                                                         C = angolo di convergenza in diottrie prismatiche
               C = Am * di =  1/d  * di * 100                   di = distanza interoculare (in metri) 

Esempio

Con distanza di fissazione di  2 m  e la distanza interoculare do 6 cm abbiamo il seguente angolo di convergenza in diottrie prismatiche: 

                                             C = 1 / 2   * 0,06 *  100 =  3 D 

La convergenza è un riflesso, tuttavia può essere anche volontaria, cioè senza uno stimolo esterno.

Possiamo distinguere quattro tipi di convergenza: 

Convergenza tonica. 

Questo tipo di convergenza è quella necessaria  a portare gli occhi da dalla posizione anatomica in divergenza alla posizione fisiologica di riposo.  Questa convergenza è determinata dal tono dei muscoli extraoculari. 

Convergenza accomodativa 

La convergenza accomodativa è quella evocata contemporaneamente all’accomodazione, per cui viene anche considerato il rapporto tra ile due, indicato AC/A.

Questo rapporto ha molta importanza  nella visione binoculare in caso di fissazione per vicino e nello studio dello strabismo concomitante. 

Convergenza fusionale.

Con la convergenza accomodativa si ottengono variazioni grossolane della posizione degli occhi, mentre con quella fusionale è possibile raggiungere la fusione binoculare

La convergenza fusionale è simile agli movimenti fusionali, è involontaria ed è stimolata dalla disparità delle immagini retiniche. 

Convergenza prossimale. 

La convergenza prossimale è indotta dalla consapevolezza della vicinanza effettiva di un oggetto o dalla posizione  vicina di un oggetto, anche se posto otticamente all’infinito. 

1.11 – L’evoluzione dell’occhio 

La lunghezza del bulbo si modifica con l’età da circa 17 mm alla nascita a circa 22-24 mm  dopo l'adolescenza. L’allungamento del bulbo è accompagnato da una diminuzione del potere refrattivo del diottro oculare per modificazione dei seguenti caratteri fisici:

-         appiattimento delle superfici della cornea e del cristallino, in tal modo il potere refrattivo della cornea passa da 52 D alla na­scita a 43 D a 2-3 anni di età;

-         aumento di profondità della camera anteriore.

Alla nascita e nei primi anni di vita si osserva una ipermetropia fisiologica, che può arrivare anche a 4-5 D, che si riduce progressivamente con gli anni per  la diminuzione di potere del diottro oculare. Questa riduzione non solo controbilancia l’allungamento del bulbo ma è eccessiva, per cui dopo gli 8-9 anni l’allungamento non è più compensato da una corrispondente variazione del potere refrattivo, di conseguenza si ha una riduzione dell’ipermetropia e a volte l’insorgenza di una miopia.

Alla fine dell’allungamento del bulbo, ogni variazione della refrazione del diottro oculare è dovuta a modificazioni del potere del cristallino. In età senile si verifica un aumento dell’indice di rifrazione del cristallino, per l’insorgenza di una cataratta nucleare, con insorgenza di una miopia d’indice.

I periodi dela vita in cui si possono avere i maggiori cambiamenti refrattivi sono:

-         i primi anni di vita (tra 0 e 10 anni);

-         la pubertà (tra 12 e 14 anni);

-         la fine della crescita ( tra 20 e 22 anni);

-         l'età  media (tra 40 e 50 anni);

-         l'età senile (tra 60 e 70 anni). 

 

CONTINUA

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